RFID nelle banconote? Un'assurdità
Punto Informatico intervista Corrado Patierno, uno dei massimi esperti italiani del settore, che spiega perché almeno per ora non c'è da temere che l'euro sia posto sotto controllo via RFID. (pagina 2 di 2)
PI: Quindi i chip economici nelle banconote neppure volendo potrebbero entrare...
CP: Un chip a basso costo, diciamo da 20-25 centesimi, destinato ad essere scadente, dovrebbe avere 2mm di lunghezza, 2mm di larghezza e 0,2 mm di spessore. Ma un chip così si vedrebbe abbondantemente su una banconota.
PI: Ma poi il chip RFID ha.. l'antenna...
CP: Già. I tag magnetici necessitano di un conduttore organizzato in spire, funzionano un po' come un trasformatore per trasmettere l'energia, ma nelle banconote non ne vedo. Potrebbero essere chip UHF, che sono dei dipoli ideali, cioè con l'antenna metà da un lato e metà dall'altro, sempre conduttori ma non avvolti in spire... Come le banali antenne televisive, quelle sui TV da 14" anni '80. L'antenna potrebbe essere la banda metallica ma dovrebbe essere "spezzata" in due. E poi dalle foto mostrate, i "fori" non sono sempre alla stessa altezza, i segmenti dell'antenna dei tag UHF invece devono essere identici. E la loro lunghezza è funzione della frequenza utilizzata... sempre per l'effetto "risonanza" descritto prima per l'accordatura di una chitarra. Quindi nelle banconote non ci sono i chip perché non si vede nulla a occhio nudo, costerebbe troppo mascherarli così bene e, infine, che senso avrebbero se le apparecchiature per leggerli non sono possedute da nessuno? Come mi potrei mai accorgere che la banconota è vera?
PI: Eppure parrebbe, si dice, si narra, che la Banca Centrale Europea stia valutando l'ipotesi di infilare i radiochip nelle banconote. A questo punto sembra una diceria senza senso...
CP: Partendo dalle considerazioni che abbiamo fatto, ammettendo miglioramenti di costo per produzioni su larga scala, avremmo chip da almeno 5 centesimi, 10 con l'antenna e con il montaggio. E poi ci sarebbero i costi di boxatura, ossia l'apposizione dello stesso nella banconota ed essendo carta filigranata i costi sarebbero molto alti...
Ma non solo. Non dimentichiamoci che un tag se non letto per 5 anni perde la memoria divenendo inutilizzabile. Oltre a perdere il codice, perde anche il firmware con il protocollo di comunicazione... diviene un pezzo di pietra inutile.
Tutto questo per i chip magnetici; quelli UHF hanno un costo doppio, se non anche triplo, e non possono essere utilizzati in Italia per le normative stringenti sulla radioemissione.
PI: Quindi chi teme per la propria privacy può stare tranquillo?
CP: Secondo me è un progetto non fattibile. O meglio: perchè mettere dei tag RFID nelle banconote quando questi ultimi li troveremo nelle Mastercard e nelle Visa dall'anno prossimo? Tutti potranno pagare con transazioni bancarie dirette e sicure in RFID... costa di meno.. è più sicuro.
Allo stato attuale della tecnologia, il rapporto costo/benefici non c'è per un lavoro come l'inserimento dei chip nelle banconote, ed anche l'uso che se ne potrebbe fare viola il protocollo di Sidney sull'RFID, dove si dice esplicitamente che nessuno deve essere profilato mediante i tag RFID, ed a cui il nostro Garante della Privacy ha aderito.
PI: Gli RFID in effetti sono ormai sempre più diffusi. Parlando in generale, il timore che possano violare la privacy è un'esagerazione? In effetti l'idea di infilare tutti i prodotti acquistati in un supermercato nel carrello e non dover fare la fila alla cassa è attraente....
CP: Esistono ancora molti problemi tecnologici prima di arrivare a non fare fila alla cassa. Direi che l'RFID può essere un valido strumento per la tracciabilità.
Pensiamo a tag sulle sacche di sangue: se le procedure avessero sempre previsto la loro verifica durante la catena prelievo-donazione ci sarebbero stati molti morti in meno per errore. Stessa cosa dicasi per i farmaci o per il settore alimentare/manifatturiero.
Intervista a cura di Paolo De Andreis
[ndr]: le banconote costano solo 3 centesimi, quindi anche spendere 5 o 50 centesimi (in più per renderle smart-money) sarebbe sempre un buon affare, nell'ottica della tracciabilità. Penso che un tale valore aggiunto non abbia prezzo per i detentori del Potere Bancario... e poi, per tutto il resto, c'è MasterCard (vedi sempre Bankenstein e sulla spinta al Popolo Sovrano per far adottare Carte di Credito invece che contanti...)
PI: Quindi i chip economici nelle banconote neppure volendo potrebbero entrare...
CP: Un chip a basso costo, diciamo da 20-25 centesimi, destinato ad essere scadente, dovrebbe avere 2mm di lunghezza, 2mm di larghezza e 0,2 mm di spessore. Ma un chip così si vedrebbe abbondantemente su una banconota.
PI: Ma poi il chip RFID ha.. l'antenna...
CP: Già. I tag magnetici necessitano di un conduttore organizzato in spire, funzionano un po' come un trasformatore per trasmettere l'energia, ma nelle banconote non ne vedo. Potrebbero essere chip UHF, che sono dei dipoli ideali, cioè con l'antenna metà da un lato e metà dall'altro, sempre conduttori ma non avvolti in spire... Come le banali antenne televisive, quelle sui TV da 14" anni '80. L'antenna potrebbe essere la banda metallica ma dovrebbe essere "spezzata" in due. E poi dalle foto mostrate, i "fori" non sono sempre alla stessa altezza, i segmenti dell'antenna dei tag UHF invece devono essere identici. E la loro lunghezza è funzione della frequenza utilizzata... sempre per l'effetto "risonanza" descritto prima per l'accordatura di una chitarra. Quindi nelle banconote non ci sono i chip perché non si vede nulla a occhio nudo, costerebbe troppo mascherarli così bene e, infine, che senso avrebbero se le apparecchiature per leggerli non sono possedute da nessuno? Come mi potrei mai accorgere che la banconota è vera?
PI: Eppure parrebbe, si dice, si narra, che la Banca Centrale Europea stia valutando l'ipotesi di infilare i radiochip nelle banconote. A questo punto sembra una diceria senza senso...
CP: Partendo dalle considerazioni che abbiamo fatto, ammettendo miglioramenti di costo per produzioni su larga scala, avremmo chip da almeno 5 centesimi, 10 con l'antenna e con il montaggio. E poi ci sarebbero i costi di boxatura, ossia l'apposizione dello stesso nella banconota ed essendo carta filigranata i costi sarebbero molto alti...
Ma non solo. Non dimentichiamoci che un tag se non letto per 5 anni perde la memoria divenendo inutilizzabile. Oltre a perdere il codice, perde anche il firmware con il protocollo di comunicazione... diviene un pezzo di pietra inutile.
Tutto questo per i chip magnetici; quelli UHF hanno un costo doppio, se non anche triplo, e non possono essere utilizzati in Italia per le normative stringenti sulla radioemissione.
PI: Quindi chi teme per la propria privacy può stare tranquillo?
CP: Secondo me è un progetto non fattibile. O meglio: perchè mettere dei tag RFID nelle banconote quando questi ultimi li troveremo nelle Mastercard e nelle Visa dall'anno prossimo? Tutti potranno pagare con transazioni bancarie dirette e sicure in RFID... costa di meno.. è più sicuro.
Allo stato attuale della tecnologia, il rapporto costo/benefici non c'è per un lavoro come l'inserimento dei chip nelle banconote, ed anche l'uso che se ne potrebbe fare viola il protocollo di Sidney sull'RFID, dove si dice esplicitamente che nessuno deve essere profilato mediante i tag RFID, ed a cui il nostro Garante della Privacy ha aderito.
PI: Gli RFID in effetti sono ormai sempre più diffusi. Parlando in generale, il timore che possano violare la privacy è un'esagerazione? In effetti l'idea di infilare tutti i prodotti acquistati in un supermercato nel carrello e non dover fare la fila alla cassa è attraente....
CP: Esistono ancora molti problemi tecnologici prima di arrivare a non fare fila alla cassa. Direi che l'RFID può essere un valido strumento per la tracciabilità.
Pensiamo a tag sulle sacche di sangue: se le procedure avessero sempre previsto la loro verifica durante la catena prelievo-donazione ci sarebbero stati molti morti in meno per errore. Stessa cosa dicasi per i farmaci o per il settore alimentare/manifatturiero.
Intervista a cura di Paolo De Andreis
[ndr]: le banconote costano solo 3 centesimi, quindi anche spendere 5 o 50 centesimi (in più per renderle smart-money) sarebbe sempre un buon affare, nell'ottica della tracciabilità. Penso che un tale valore aggiunto non abbia prezzo per i detentori del Potere Bancario... e poi, per tutto il resto, c'è MasterCard (vedi sempre Bankenstein e sulla spinta al Popolo Sovrano per far adottare Carte di Credito invece che contanti...)
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